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FIRENZE RIFIUTA ZONE ROSSE E REPRESSIONE!

Riportiamo il comunicato del CPA Firenze Sud

Un quartiere sotto sequestro, e poi cos’altro ci aspetta?
Il 3 e 4 febbraio Firenze ha subito l’oltraggio di dover ospitare un convegno sionista. Relatori oltre a Marco Carrai console “onorario” dell’entità sιοnista, anche due ufficiali dell’esercito dell’entità sionista, due criminali di guerra che nonostante il loro contributo all’esecuzione di un genocidio hanno potuto essere presenti grazie all’impunità garantita dalle nostre istituzioni ai rappresentanti dello stato sιοnιsta. Nonostante il poco tempo a disposizione per poter organizzare una mobilitazione adeguata che mettesse in discussione l’appuntamento, numerosi solidali si sono ritrovati non solo per contestare il convegno e le varie posizioni di complicità, a partire da quella dell’università di Firenze, ma anche per riaffermare la solidarietà verso la Resistenza PaIεsτιnзse.
Detto questo, ci teniamo a sottolineare un fatto che in pochi stanno evidenziando: per garantire un ignobile convegno, è stato messo sotto sequestro un quartiere. Tutto bloccato, nessuno poteva transitare, nemmeno a piedi, per via de Benci, piazza s. Croce compresa. Una zona rossa insomma, che a vedere bene non è una novità a Firenze, città in cui l’ignobile e falsa equiparazione tra antιonιsmo ed antiseμιτιsmo vede il divieto sistematico ai cortei di solidarietà per la Palestina a transitare per tutto un quadrante di centro storico, con la scusa della vicinanza della Sinagoga ritenuta “obiettivo sensibile”.
Le tanto decantate zone rosse, strumento rivendicato tanto dal centrodestra quanto dal centrosinistra come dispositivo a tutela della “sicurezza” delle persone, sono state quindi realizzate senza problemi.
La zona rossa come strumento per “l’ordine pubblico”. La zona rossa che deve diventare la normalità. Riteniamo necessario fare in modo che quanto successo il 3 febbraio sia da insegnamento per chi vuole praticare il conflitto sociale contro lo stato di cose presenti.
Riteniamo centrale in questo momento identificare le zone rosse come uno strumento di quella repressione che tra strumenti amministrativi e ddl sicurezza sta restringendo sempre di più lo spazio di agibilità per lavoratori e lavoratrici di rivendicare una società diversa, che veda soddisfatte le loro necessità e non quelle del capitale.