
Ci sarebbe stato almeno un ferito, che è stato visto in una macchina della polizia, (chissà se per essere soccorso o essere arrestato, visti i DL sicurezza che corrono).
Ma non si sa molto altro di più su quanto avvenuto ieri, anche se corre voce di un tentativo di suicidio dal quale sia partito il tutto.
In verità il mercoledì notte è il “turno” dei tunisini (gran parte della popolazione detenuta): tocca a loro essere sorpresi nel sonno e deportati nel paese lasciato chissà quanto tempo fa. Se non in Albania. Quindi la tensione cresce.
Attualmente nel CPR di corso Brunelleschi ci risultano essere presenti persone in Italia da 30 anni e più.
Ad ogni modo, silenzio assoluto dalle autorità su quanto accaduto e divieto di ingresso opposto anche alle consigliere regionali accorse (che ne avrebbero avuto diritto in forza della loro qualifica), e all’avv. Gianluca Vitale, difensore di Moussa Balde e non solo, storico legale di detenuti in CPR, che aveva assistiti all’interno.
Per quanto ci risulta, nessuno è riuscito a comunicare con i detenuti. Il numero dal quale ci chiamavano al centralino NAGA risulta inattivo da circa una settimana.
Nell’articolo che segue, qualche dettaglio in più su una vicenda prevedibile e inevitabile: i CPR sono pentole a pressione. E ficcare in gabbia persone innocenti, magari con l’aggiunta di montagne di sedativi, non può che provocarne il graduale totale annullamento o scatenare una umana reazione di sana rabbia distruttiva, spesso purtroppo più contro se stessi che contro la gabbia.
È 27 anni che accade, evidentemente ci sta bene così.
Qui un video di questa notte…
“Cpr, la rivolta: Almeno un ferito. Fonti interne parlano di un tentato suicidio.
È l’una e venti del mattino. È stata una nottata di tensione al Cpr di Torino, dove fumo e fiamme hanno provocato un tempestivo intervento dei vigili del fuoco e forze dell’ordine. Quello che è sicuro è che almeno un ferito c’è. Riusciamo a fotografarlo, dentro la macchina della polizia, seduto dietro. Non può parlare ma mostra il braccio, medicato in due punti, all’ altezza dell’avambraccio e al polso. Chiediamo, tre volte, se le ferite sono state provocate dentro. Risponde, tutte e tre le volte, affermativamente. Fonti “da dentro” riferiscono che molto probabilmente c’è stato anche un tentato suicidio. Alle due e mezzo del mattino le porte si chiudono, per l’ennesima volta, lasciando senza nessuna risposta giornalisti e politici accorsi sul posto.
Le ore prima:
A mezzanotte l’arrivo delle consigliere regionali e comunali Alice Ravinale, Sara Diena e Ludovica Cioria. Con loro, la presidente della Circoscrizione 3, Francesca Troise.C’è anche Gianluca Vitale, l’avvocato della famiglia di Moussa Balde, il giovane morto nel Cpr di corso Brunelleschi nel 2021. Ravinale prova a rivendicare il suo diritto ad entrare nel centro ma la risposta è negativa. Poco dopo arriva il direttore del Centro, Vincenzo Salmo, ma l’uomo si rifiuta di rilasciare dichiarazioni anche alla domanda diretta della Ravinale che chiede lumi sulla salute dei ristretti (dentro, sono entrate almeno tre ambulanze dall’inizio della rivolta).
Fuori, polizia e polizia locale sorvegliano la zona, intanto gli antagonisti dei centri sociali, prima presenti in presidio, sono andati via. L’unica notizia a mezza bocca la dá un funzionario di polizia che afferma a Troise: “Adesso non posso dire nulla. Ma la situazione, adesso, è sotto controllo”.
Le politiche, tuttavia, non si lasciano tranquillizzare dall’informazione.
“Purtroppo non riusciamo ad avere informazioni, ci sembrava doverosa la presenza perché quello che sta succedendo dentro è sicuramente qualcosa di grave” dichiara Ravinale riferendosi al via vai di mezzi di soccorso. Intanto arrivano rinforzi di polizia dentro al centro, due auto. Esce una donna: le esponenti politiche chiedono lumi sulla situazione dentro, ma lei non vuole rispondere.
“Non ci muoviamo finché non abbiamo informazioni: e a proposito di informazioni, le poche che abbiamo avuto sono contraddette dai fatti” aggiunge Sara Diena. La consigliera si riferisce, invece, alle urla di richieste di aiuto provenienti dal di dentro che si sentono da fuori. Troise, per nulla rassicurata dalle frasi che affermano il calmarsi delle acque “continuiamo ad affermare che il Cpr sia un logo patogeno”. Intanto entrano 18 militanti dell’esercito con tre mezzi. Sono quelli di strade sicure, con tanto di logo sulle camionette.
Subito dopo, dietro, un’altra macchina della polizia. Troise torna al gabbiotto delle informazioni all’ingresso chiedendo lumi sulla salute dei ristretti. Nessuno le risponde. “Le urla si sono sentite dalle 21. Gridavano aiuto. Qualcosa che ci farebbe allarmare in qualunque situazione. Come fa a bastarci una risposta che dice che è tutto sotto controllo?” sbotta Cioria. È l’una del mattino. Sono passate 4 ore dall’inizio della rivolta. Ravinale chiede, ancora una volta, di poter entrare. Continua il via vai di carabinieri e polizia. Davanti al cancello, lo scudo della guardia di finanza impedisce la vista all’ingresso.”