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Dichiarazione programmatica Coordinamento Nazionale No NATO e Regolamento

Capitolo 1 – Perché siamo contro la NATO

1) L’occupazione di suolo italiano da parte della NATO attesta o certifica la nostra posizione di paese a sovranità limitata
Fin dal 1945 gli imperialisti USA si installano in Italia con proprie forze. Il dopo-guerra fu caratterizzato dalle infiltrazioni degli USA nella vita economica, politica e sociale del nostro paese. Tale contesto preparò il terreno per l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico (4 aprile 1949) che spianò la via alla sottomissione del nostro paese agli imperialisti USA e a rendere l’Italia uno dei principali avamposti della NATO nel mondo. Questo fu possibile tramite una serie di trattati fra cui l’Accordo tra gli Stati membri del Trattato Nord Atlantico sullo status delle Forze Armate (Londra, 19 giugno 1951 – cosiddetto NATO SOFA), normante la presenza di personale di uno o più paesi Nato sul territorio di un altro Paese dell’Alleanza, oppure l’Accordo Bilaterale sulle Infrastrutture (BIA) tra gli Stati Uniti d’America e l’Italia, firmato il 20 ottobre 1954, che garantiva la disponibilità del territorio italiano per l’installazione di basi militari USA e NATO.1 Emerge chiaramente che gli USA hanno svolto un ruolo chiave nello sviluppo della cosiddetta “Prima Repubblica”, inquinandone i processi democratici di partecipazione collettiva e facendo dell’Italia un loro retroterra strategico in Europa.

2) L’attività della NATO è anti-costituzionale
2.1) L’attività della NATO stride con uno dei principi fondamentali della Costituzione, l’articolo 11, nella misura in cui esso statuisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento d’offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. La portata precettiva ha un ambito applicativo esteso alla forma di guerra offensiva, ammettendo, in linea di principio, solo una guerra in chiave di risposta difensiva. Invece, l’azione della Nato è connotata storicamente da una portata offensiva: essa si è espressa a partire dal 1949 tramite operazioni di intelligence di destabilizzazione e sovversione, e poi, esplicitamente, col “nuovo concetto strategico”, risalente al vertice di Washington del 1999, che ammette “operazioni di risposta alle crisi non previste dall’Articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza”.2 Questo è il terreno in cui si inserisce la partecipazione attiva dell’Italia, a partire dall’aggressione della NATO all’ex Jugoslavia nel 1999, alle operazioni di guerra offensiva promosse dalla NATO, in piena violazione dell’articolo 11 della Costituzione italiana.
2.2) Inoltre, l’articolo così seguita: “l’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” ovvero prevede reciprocità nelle limitazioni di sovranità territoriale come sono, ad esempio, le basi militari straniere. È normata, dunque, la reciprocità nell’installazione di basi: a ogni base militare USA sul suolo italiano ne deve seguire una italiana su suolo statunitense: ciò non è mai successo e questa è un’ulteriore violazione costituzionale.
Infine, l’occupazione militare del nostro paese da parte degli imperialisti USA-NATO viola esplicitamente il principio costituzionale della rinuncia alla sovranità territoriale esclusivamente in funzione di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, dal momento che il documento Guida alla Pianificazione della Difesa per anni fiscali 1992-1999 proveniente dal Pentagono, la cosiddetta “Dottrina Wolfowitz”, chiarisce che per esercitare la loro leadership globale, gli USA devono impedire che altre potenze, compresi i vecchi e nuovi alleati possano diventare competitive nei loro confronti. Citando il documento in questione, il Pentagono afferma che “il nostro primo obiettivo è impedire il riemergere di un nuovo rivale”.3 Questo prova che l’attività della Nato non assicura pace e giustizia fra le Nazioni ma persegue l’obiettivo dichiarato degli Usa di conservare la loro egemonia in Europa, il che rende l’attività della Nato incompatibile con ogni parte dell’articolo 11 della Costituzione, e quindi, in definitiva, incompatibile con i valori della nostra Costituzione.
2.3) Lo status del territorio su cui insistono le basi militari NATO non è da considerarsi extraterritoriale: le basi sono territorio italiano e, dunque, sono soggette alla giurisdizione italiana. Diversamente, le basi USA sono territorio statunitense e quindi sono basi extraterritoriali. L’azione dei militari dell’Alleanza è tutelata dall’art. VII del SOFA NATO in cui è definito che la riserva di giurisdizione appartiene allo stato di origine se il reato è stato commesso da un proprio membro nell’esercizio delle proprie funzioni o se la vittima è un connazionale, in tutti gli altri casi va applicata la giurisdizione dello stato di soggiorno. La sottomissione politica del nostro paese al potere degli imperialisti Usa-Nato, però, garantisce una totale impunità ai militari statunitensi per i crimini commessi su territorio italiano: la strage del Cermis nel 1998 è l’episodio più tragico, ma sono numerosissimi i casi di violenze sessuali, percosse, sequestro di persona, omicidio stradale o reati stradali di vario tipo in cui la giustizia italiana ha demandato all’equivalente statunitense l’esercizio del potere giuridico, de facto assicurando la dispensa dalla pena per i reati commessi.

3) La presenza della NATO aggrava gli effetti nel nostro paese della guerra esterna e interna
3.1) Coinvolgimento negli scenari di guerra: tra il 1991 e il 2011, l’Italia ha partecipato ad almeno 38 operazioni militari promosse dalla Nato che interessano vaste aree come il Medio Oriente, i Balcani, l’Africa e l’Asia. I governi italiani sono stati complici dei bombardamenti di Belgrado durante l’aggressione all’ex Jugoslavia, hanno condotto l’operazione Antica Babilonia in Iraq, hanno contribuito con interventi dell’aeronautica militare durante l’invasione della Libia, per citare alcune fra le maggiori responsabilità dell’Italia in guerre offensive condotte dall’Alleanza. Attualmente sono in corso 7 operazioni militari nell’ambito dell’attività internazionale della Nato a cui partecipa l’Italia.4 Inoltre, le basi militari Usa-Nato nel nostro paese costituiscono un retroterra tattico per numerose operazioni di sostegno a conflitti Nato: dalla base siciliana di Sigonella sono partiti droni che fungono da ricognitori e guida per i missili Atacms utilizzati nell’ambito degli attacchi delle forze armate di Kiev contro obiettivi militari e civili russi oppure mezzi dell’aviazione statunitense, destinati al trasferimento di sistemi d’arma, munizioni, equipaggiamento in supporto allo Stato sionista di Israele.5
3.2) Risorse nell’industria bellica: dal 2019 a oggi sono stati investiti dal Ministero della Difesa circa 140 miliardi di euro. A queste cifre vanno aggiunti i finanziamenti privati proveniente da soggetti terzi: è eclatante il caso della banca Intesa Sanpaolo che dal 2016 a oggi ha destinato al settore degli armamenti più di 2 miliardi di dollari.6 Emerge che l’Italia rimane impegnata a muoversi verso i parametri definiti dall’Alleanza Atlantica, secondo i quali ogni paese deve investire il 2% del PIL in spesa militare mentre il sistema pubblico è devastato e necessita di urgenti finanziamenti che negli anni, non solo non aumentano, ma diminuiscono.
3.3) Salute pubblica e inquinamento ambientale: Uranio impoverito, torio 232, arsenico, trizio, sono solo alcuni dei metalli pesanti utilizzati all’interno dei sempre più sofisticati e potenti armamenti in dotazione agli eserciti NATO. Questi armamenti sono prima testati nei poligoni militari a uso NATO su suolo italiano (Poligono Interforze di Salto di Quirra – PISQ, Capo Teulada, Capo Frasca in Sardegna; il Dandolo in Friuli Venezia Giulia; Monte Romano nel Lazio) e successivamente utilizzati nelle operazioni di guerra e saccheggio in cui gli eserciti NATO sono coinvolti, con lo strascico di patologie tumorali e inquinamento ambientale provocato ai danni di civili italiani che vivono nei pressi dei poligoni, dei civili stranieri che subiscono i bombardamenti, dei militari di truppa e sottufficiali che li adoperano. L’inquinamento bellico, come dimostrano i territori della Sardegna, della ex Jugoslavia, dell’Iraq e altri, va ben oltre i bombardamenti: i metalli pesanti restano nel terreno, nell’aria e nelle falde acquifere nei casi minori per diversi decenni, addirittura centinaia di anni. A ciò è connessa la produzione bellica: una produzione energivora e che si basa in gran parte sull’estrattivismo selvaggio (metalli e altri minerali, combustibili fossili, ecc.).
3.4) Militarizzazione della società: le scuole e le università stanno sempre più diventando terreno di conquista di una ideologia bellicista e di controllo securitario che si fa spazio attraverso l’intervento diretto delle forze armate (in particolare italiane e statunitensi) declinato in una miriade di iniziative tese a promuovere la carriera militare in Italia e all’estero, e a presentare le forze armate e le forze di sicurezza come risolutive di problematiche che sono invece pertinenti alla società civile. Questa invasione di campo vede come protagonisti rappresentanti delle forze militari addirittura in qualità di “docenti”, che tengono lezioni su vari argomenti (dall’insegnamento dell’inglese da parte di personale NATO a tematiche inerenti la legalità e la Costituzione) e arriva a coinvolgere persino i percorsi di alternanza scuola-lavoro (PCTO) attraverso l’organizzazione di visite a basi militari o caserme. Il tutto suffragato da protocolli di intesa firmati da rappresentanti dell’Esercito con il Ministero dell’Istruzione, gli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali e le singole scuole.7 Nelle Università la NATO entra in progetti di ricerca e di didattica con collaborazioni come quella relativa a “Science for Peace and Security Programme”, ma anche attività condotte insieme alla Marina Militare come “Mare Aperto”, una vera esercitazione di guerra che si svolge ogni anno nel Mediterraneo. In altri casi, ci sono accordi fra Università e NATO per lo svolgimento di tirocini curriculari o extracurriculari presso Comandi o basi NATO. Oltre agli accordi quadro su didattica e ricerca, si evidenzia come nel caso dell’Università di Bologna alcuni percorsi di laurea prevedono al loro interno la possibilità di partecipare al NATO Model Event, una simulazione di gestione di crisi internazionali condotta da esperti NATO.
Questo processo coincide con la crescente militarizzazione delle strade cittadine, consolidando l’approccio militare al governo dei territori: lo dimostra l’estensione dell’uso di tecnologie nell’ambito del controllo dell’ambiente urbano come la videosorveglianza, il tracciamento biometrico e i droni equipaggiati con nuove piattaforme satellitari. A questo si aggiunge l’estensione di tattiche (già in uso in zone urbane militarizzate come Baghdad o Gaza) come la creazione di aree di protezione fortificate intorno ai centri finanziari o politici, l’uso di armi non letali per il controllo dell’ordine pubblico durante le manifestazioni oppure la dotazione di armi a impulsi elettrici per le polizie locali. Ciò comporta una massiccia presenza delle forze di polizia su tutto il territorio, con presidi permanenti, posti di blocco stradali e procedure di identificazione (ved. le operazioni “Periferie sicure” e poi “Strade sicure” condotte dall’Esercito italiano per “la pubblica sicurezza”). Chiude il cerchio della militarizzazione sociale, la deriva repressiva che i governi degli ultimi anni hanno intrapreso con l’introduzione di norme per restringere le libertà politiche delle masse popolari. Va in questa direzione la proposta del disegno di legge 1660 che introduce nuovi reati e nuove aggravanti di pena per chi manifesta, sciopera e in generale esprime forme di dissenso. Infatti, il DdL 1660, da un lato, arriva a limitare la libertà di parola punendo “la detenzione di scritti che inneggiano alla lotta” e, dall’altro, “prevede la totale impunità per le forze dell’ordine, le quali saranno ulteriormente tutelate nei casi sempre più frequenti di “abuso in divisa” e potranno portare armi anche fuori servizio”.8

4) Le basi NATO violano il diritto internazionale
4.1) Sul piano normativo, la NATO è legalmente vincolata allo Statuto dell’ONU, il quale stabilisce che sul piano internazionale, il monopolio dell’uso della forza appartiene all’ONU. In generale, l’ONU vieta la guerra e permette esclusivamente funzioni difensive – l’articolo 51 qualifica che “nulla in questo statuto invaliderà il diritto intrinseco di autodifesa individuale o collettiva se avvenisse un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, finché il consiglio di Sicurezza abbia preso misure necessarie a mantenere la pace e la sicurezza internazionali”. Inoltre, non permette la minaccia o l’uso della forza in guerre preventive o operazioni di sabotaggio di cui è ricca la storiografia della NATO – l’articolo 2 statuisce che “tutti i membri nei propri rapporti internazionali si tratterranno dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualunque stato”. La dottrina NATO del 1999 confligge in modo sostanziale con queste due norme dell’ONU perché espande l’ambito territoriale dell’Alleanza al mondo intero, ammettendo l’intervento anche in scenari non previsti dall’Articolo 5 del Trattato istitutivo della NATO sulla mutua difesa dei Paesi membri.9
4.2) Il Consiglio d’Europa (organizzazione per i diritti umani) ha evidenziato che nelle basi NATO vengono attuate operazioni di extraordinary rendition (“consegna straordinaria”), ovvero l’arresto di individui con procedure extragiudiziali.10 Ciò costituisce un uso non lecito delle basi oltre che una violazione del Diritto che è tale anche qualora l’operazione sia stata consentita dallo stato ospitante.

5) La NATO rende l’Italia complice di violazioni dei trattati internazionali sul disarmo
5.1) La presenza di testate atomiche nelle basi USA-NATO presenti sul nostro territorio costituisce un’illegittimità rispetto agli obblighi previsti dalla sottoscrizione da parte del nostro paese (e anche degli Stati Uniti) del Trattato di non Proliferazione Nucleare. Esso prevede che i cosiddetti Stati-nucleari, cioè in possesso di armi nucleari, conservano il diritto di possedere tali armi ma si impegnano a non trasferirle agli Stati che ne sono privi, i cosiddetti Stati-non nucleari. Quest’ultimi sono tenuti a non fabbricare armi nucleari ma anche a non ricevere il loro trasferimento o acquisirne il controllo. In contrapposizione con questi principi, tra i novanta e i cento ordigni atomici di provenienza statunitense sono depositati nelle basi militari USA-NATO di Ghedi (BS) e Aviano (PN) all’interno del programma di condivisione della deterrenza nucleare proprio della Nato.11
5.2) Il nostro paese è vincolato dalla Convenzione di Ottawa del 1997 per la messa al bando dell’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine antipersona e per la loro distruzione. L’articolo 4 della Convenzione statuisce che:” ciascuno Stato Parte si impegna a distruggere tutti gli stock di mine antiuomo di cui è proprietario o detentore o che sottostanno alla sua giurisdizione o al suo controllo non oltre i dieci anni dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione”. Il fatto che gli Stati Uniti d’America non abbiano mai aderito a questo Trattato, unito all’esistenza e all’attività nell’ambito di numerose esercitazioni di forze come il MOMAG (cioè Gruppo mobile per l’assemblaggio di mine) e la SNMCMG2 (cioè Secondo Gruppo Nato di Contromisure per mine) ci rende potenzialmente complici di ulteriori violazioni internazionali stante il possibile commercio ed utilizzo di mine nel territorio italiano.

Capitolo 2 – Quali sono le nostre proposte
La finalità del coordinamento è quella di attuare fino in fondo l’articolo 11 della Costituzione italiana. La sua applicazione sostanziale implica e coincide con l’uscita dell’Italia dalla Nato. Un orizzonte così richiede di mettere in campo dei passi e delle tappe che si traducono in misure già praticabili che vanno nella direzione di indebolire la morsa con cui la Nato sottomette il nostro paese – e così, creare condizioni più favorevoli per la sua cacciata. Le proposte del Coordinamento sono dunque valorizzare tutto quanto già si muove e già può essere realizzato stante le agibilità democratiche e i principi della nostra Costituzione.

  1. Ritiro dei contingenti italiani all’estero: attualmente oltre 5000 militari italiani sono impegnati in molte missioni militari della Nato.12 La partecipazione dei militari italiani in missioni offensive promosse dalla Nato non è normata da accordi statutari dell’Alleanza dal momento che l’intervento dei paesi membri è obbligato solo in caso di attacco subito da un Paese membro: la partecipazione a queste missioni avviene tramite accordi presi di governo in governo e dunque è una precisa scelta politica di sottomissione che possiamo interrompere. La procedura di ritiro dei contingenti italiani all’estero può essere fatta in tempi brevi, tanto brevi quanto può essere l’emissione di un decreto d’urgenza che richiama in patria i militari all’estero.
  2. Tagli dei finanziamenti per l’industria bellica: la Nato vorrebbe portarci a investire il 2% del PIL nel bilancio del Ministero della Difesa, a cui si aggiungono gli acquisti di armamenti che via via vengono accordati tra i vari paesi NATO. Dobbiamo invertire questa china e imporre che le risorse date in pasto ai guerrafondai per finanziare la guerra siano utilizzate in altri ambiti e settori utili alla collettività.
  3. Applicazione della legislazione italiana ai militari stranieri in servizio in Italia: i contingenti stranieri in servizio in Italia sono storicamente connotati da un certo livello di impunità e immunità alla giurisdizione italiana. Questo è sbagliato: extraterritorialità o meno, chi commette reati nel nostro paese deve essere giudicato secondo quanto stabilito dalle leggi italiane.
  4. Chiudere i poligoni militari: la maggior parte dei poligoni NATO su suolo italiano non sono di proprietà della NATO o di altri paesi (non godono quindi di extraterritorialità) e possono essere oggetto dell’intervento del governo italiano senza passare dal benestare di altri paesi o delle industrie militari italiane e straniere che al loro interno vi sperimentano armi di ogni tipo, in violazione del diritto internazionale. Inoltre sono aree inquinate in cui sono state interrate tonnellate di metalli pesanti e sostanze cancerogene stante l’utilizzo di agenti tossici come l’uranio impoverito o il torio negli armamenti. Nel Memorandum d’Intesa Italia-USA del 1995 è statuito che le autorità italiane possono intervenire nelle basi Usa-Nato in qualsiasi momento se sospettano di attività che minano la salute pubblica e l’ambiente.13
  5. Bonifica dei territori inquinati: le esercitazioni militari della Nato in Italia hanno determinato tassi di inquinamento ambientale elevatissimi, con incidenze tumorali fuori da ogni “normalità” per quanto riguarda le aree circostanti i poligoni NATO in Sardegna.14 Questi territori vanno interdetti all’uso e bonificati utilizzando tutte le risorse economiche che attualmente vengono invece utilizzate per progettare, sperimentare e usare armamenti sempre più inquinanti.
  6. Riconversione dell’industria bellica:
    La tendenza attuale dell’industria a partecipazione pubblica va in direzione opposta al disarmo, con la dismissione di interi settori di industria civile, inclusi quelli per la transizione verde e il pubblico trasporto con un aumento vertiginoso della quota di fatturato proveniente dalla fornitura di sistemi di arma. Tendenza già affermatasi negli USA con l’uscita dal settore civile di grandissime imprese, concentrate oggi sulle tecnologie militari.
    Lavoriamo per ottenere una diminuzione dell’impegno bellico dell’industria a partecipazione pubblica a favore dell’impegno nella ricerca, progettazione e produzione di tecnologie per la difesa civile ed il contrasto alle minacce che incombono sulle popolazioni in virtù dei cambiamenti climatici, il dissesto idrogeologico, l’invecchiamento della popolazione e i rischi sanitari e di epidemie. In questo campo di lotta, ci battiamo per garantire ad ogni lavoratore dell’industria bellica il proprio posto di lavoro, contro i tentativi di ricatto, licenziamento, ecc. che i padroni dell’industria bellica metteranno in campo per contrapporre operai e organismi di lotta.
    Il Coordinamento lotterà contro la pratica delle “porte girevoli” tra funzione politica e dirigenza dell’industria bellica e promuoverà iniziative di lotta contro l’ingerenza dei comitati d’affari dell’industria bellica nelle decisioni politiche ed economiche del paese. Il coordinamento si mobiliterà a difesa della legge 185/90 e contro il traffico di armi, contribuendo all’iniziativa che già gruppi di lavoratori in Italia (CALP di Genova, GAP di Livorno, lavoratori USB dell’aeroporto di Montichiari e altri) promuovono in questo senso.
  7. Desecretazione di tutti gli accordi segreti: secondo la legge 124/2007, aggiornata poi con DPCM n.3 del 2017, l’estensione temporale della secretazione di uno o più documenti non può superare i quindici anni a partire dall’apposizione del segreto e può essere prorogato fino a un massimo di trent’anni.15 L’accordo bilaterale Italia-Usa del 1950, l’accordo Italia-Usa sulla sicurezza reciproca del 1952, l’accordo tecnico aereo Italia-Usa del 1954, l’accordo bilaterale Italia-Usa sulle infrastrutture del 1954 sono tutti documenti ancora secretati.
  8. Riconoscimento come vittime di guerra di tutti i civili e militari morti a causa delle attività svolte nelle basi USA-NATO: tutti i civili e militari ammalati, mutilati o morti per la presenza delle installazioni militari Usa-Nato in Italia (esposizione alle sostanze tossiche utilizzate nelle basi durante le esercitazioni e non, residuati bellici, ecc.), vanno riconosciuti come vittime di guerra. La Nato è responsabile e i governi italiani sono stati complici della malattia e morte di civili e militari per le attività svolte dalle basi.
  9. Smilitarizzazione delle scuole e delle università: Per scongiurare che i luoghi dell’istruzione, principalmente scuole di ogni ordine e grado ed università possano trasformarsi in terreno di propaganda bellica e di manipolazione delle coscienze sul ruolo della NATO, l’azione del Coordinamento sarà volta a denunciare e boicottare le iniziative didattiche dirette e indirette che vengono programmate sulle basi di collaborazioni fra l’alleanza atlantica e le scuole o gli atenei in collaborazione con gli organismi già attivi su questo tema (ad es. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e università) con l’obiettivo di far saltare eventuali accordi di cooperazione tra i luoghi dell’istruzione e i luoghi militari o i progetti finalizzati in tal senso. La smilitarizzazione dell’istruzione deve essere portata avanti non solo sul fronte della didattica, ma anche sul versante della ricerca universitaria o dei progetti a vario titolo che coinvolgono anche le scuole.
  10. Abolizione dei “decreti sicurezza” contro le libertà democratiche: a fronte dello sviluppo della Terza guerra mondiale, la classe dominante ha necessità di stringere la morsa repressiva contro chi si organizza e lotta contro le politiche di guerra. A partire dal DDL 1660, il coordinamento farà un’azione di resistenza, solidarietà e lotta alle misure repressive che vincolano e ostacolano l’agibilità politica degli organismi che lottano contro la Nato, le politiche di guerra, l’economia di guerra e i suoi effetti fino all’abolizione delle principali misure repressive ai danni delle masse.

Capitolo 3 – Cosa facciamo
1) Coordinare l’esistente
Il coordinamento esprime la volontà di coordinare quanto già esistente nell’ambito degli organismi in lotta contro la Nato, la guerra e le politiche di guerra (repressione del dissenso, economia di guerra, ecc.) e favorisce la connessione con le realtà più disparate che possono confluire su tale lotta comune: da gruppi di lavoratori contro il traffico di armi nei loro posti di lavoro, a comitati ambientali impegnati contro l’inquinamento prodotto dalle basi, etc.

2) Valorizzare l’iniziativa dal basso (oppure rafforzare l’esistente)
Il coordinamento favorisce lo sviluppo di operazioni comuni, iniziative unitarie e campagne d’opinione (successive o contemporanee), che ogni realtà sviluppa in modi e forme specifiche e conformi alle proprie caratteristiche, così da sostenere e potenziare quanto già fanno gli organismi aderenti e valorizzare le iniziative di lotta e gli insegnamenti di altre realtà, mettendole in connessione, rafforzando in ognuna la coscienza della propria importanza, delle proprie possibilità e della propria forza, dando modo a ogni organizzazione di imparare e insegnare alle altre, di sostenersi a vicenda, di mettere in comune conoscenze, esperienze e strumenti di lotta. In questo processo è incoraggiata la massima agibilità sul piano locale: a nessuno è richiesto di sciogliersi nella rete.

3) Alimentare l’organizzazione contro la NATO
Il coordinamento promuove la nascita di nuovi organismi territoriali e/o tematici e la loro convergenza: l’opposizione ai processi descritti nel capitolo 1 è comune alla maggioranza delle realtà organizzate e delle masse popolari in generale, ma è attraverso l’organizzazione che possiamo far valere la forza del nostro numero.

4) Promuovere attività di ricerca e informazione
Il coordinamento promuove un’attività ordinaria di ricerca e scambio di informazioni sulle tematiche inerenti la Nato, la guerra e le politiche di guerra: dalla mappatura delle basi Usa-Nato sul territorio nazionale a quella delle aziende belliche; dalla produzione di dossier d’inchiesta sui processi di militarizzazione dei territori alla denuncia del coinvolgimento dell’Italia in vari scenari di guerra.

Conclusioni
Fuori l’Italia dalla Nato, fuori la Nato dall’Italia!


Note

  1. Pagina 6/14 di http://limes.espresso.repubblica.it/wp-content/uploads/2008/06/059-072-lim-3-07-desiderio.pdf
  2. Parte IV, n°41-43 di https://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=natoconcept99
  3. https://nsarchive2.gwu.edu/nukevault/ebb245/doc03_full.pdf
  4. https://leg16.camera.it/561?appro=64&Il+quadro+delle+missioni+militari+dell’Italia++dal+secondo+dopoguerra+ad+oggi
  5. https://osservatorionomilscuola.com/2023/11/13/litalia-con-sigonella-nato-ha-un-ruolo-centrale-nella-guerra-contro-gaza-e-la-palestina/ e https://comune-info.net/quel-supporto-dei-droni-di-sigonella/
  6. https://altreconomia.it/il-senso-di-intesa-sanpaolo-per-il-business-delle-armi/
  7. https://osservatorionomilscuola.com/2024/09/23/aderisci-anche-tu-allosservatorio-contro-la-militarizzazione-delle-scuole-e-delle-universita/
  8. https://cub.it/il-manifesto-della-rete-liberi-e-di-lottare-fermiamo-insieme-il-ddl-1660-le-prime-adesioni/
  9. https://serenoregis.org/2022/02/05/illegalita-della-nato/
  10. https://web.archive.org/web/20060205201454/http://assembly.coe.int/Main.asp?link=/CommitteeDocs/2006/20060124_Jdoc032006_E.htm
  11. https://comune-info.net/lorrore-nucleare-di-ghedi-e-aviano/
  12. https://www.affarinternazionali.it/le-missioni-internazionali-2024-quanti-e-dove-sono-i-militari-italiani/
  13. https://it.usembassy.gov/wp-content/uploads/sites/67/2016/04/USSSO-shell.pdf
  14. https://documenti.camera.it/_dati/leg17/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/022bis/023/00000001.pdf
  15. https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2007-08-03;124

Regolamento Coordinamento nazionale No Nato
19.11.2024

Punto 1
I soggetti aderenti al Coordinamento dichiarano la loro disponibilità a confrontarsi per promuovere azioni comuni, con spirito di lealtà e reciproca correttezza. Ogni soggetto aderente decide di volta in volta se partecipare alle attività programmate e come farlo, senza alcuna obbligatorietà, nel rispetto del principio del pluralismo democratico interno. Il Coordinamento è sempre aperto a ogni nuova adesione e favorisce un approccio inclusivo e dialettico con realtà che condividano i suoi principi, contro il settarismo e l’autoreferenzialità delle lotte.
Punto 2
Possono aderire al Coordinamento tutte le organizzazioni politiche, i partiti, i sindacati, i movimenti, le associazioni, i collettivi, i comitati e i gruppi che condividono le finalità e i principi definiti in questo documento e nella Dichiarazione Programmatica.
L’elenco dei soggetti aderenti sarà periodicamente aggiornato.
Punto 3
Il Coordinamento si compone di:
• un’assemblea plenaria costituita dalla totalità delle realtà aderenti e dei suoi membri;
• una segreteria composta da persone designate dall’assemblea plenaria in numero non inferiore alla metà di quello delle realtà aderenti, fino ad un massimo di 11 persone.
Punto 4
L’assemblea plenaria si riunirà periodicamente e ha potere decisionale. Le votazioni si prendono a maggioranza semplice con un voto per ogni organizzazione aderente, anche se il metodo del consenso unanime è favorito rispetto al metodo della votazione a maggioranza semplice.
Ogni realtà aderente al coordinamento decide in autonomia le forme della propria rappresentanza (se uno, due o più esponenti) che però non incide in sede di voto (ogni organismo aderente ha diritto ad un solo voto).
Punto 5
La segreteria garantisce il funzionamento degli aspetti comunicativi e organizzativi del Coordinamento. Essa ha lo scopo di far funzionare i canali di comunicazione, di diffondere all’indirizzario mail del Coordinamento inviti ed appelli e diffondere fra i soggetti aderenti le comunicazioni di ogni tipo. L’organo è eletto su base democratica dall’assemblea plenaria e rimette all’assemblea plenaria le decisioni di natura politica.